TINDERSTICKS "The Waiting Room" (2016)

Armonie interiori.
I Tindersticks non sono un gruppo noir. Sono un gruppo soul. O di soul noir o di Pop charmant o di rock d'antan. Delizia di molti, accostare il feroce pragmatismo degli inglesi e lo snobismo sciccoso dei francesi. Ma, italianamente, chissenefrega? Siamo seri: a chi può importare se i Tindersticks siano davvero noir, charmant, o d'antan? Fanno, in realtà, musica sentimentale, antica come l'uomo, perchè l'uomo è sempre stato un sentimentale. Che poi Stuart Staples abbia quel timbro vocale, che la velocità media delle canzoni sia sempre la stessa (cioè, bassa), che il registro espressivo sia sempre votato alla confessione affranta, tutto ciò fa parte del linguaggio stesso della band inglese. Che, appare sempre più evidente, fa musica per il piacere di farla, senza concedersi a suoni e tendenze correnti. Va da sé che anche The Waiting Room sia un gran disco.
Chi fa dell'eleganza la propria ragione di vita, legandola ad un suono inconfondibile, corre sempre il rischio di diventare un monumento a se stesso, impantanato nella maniera. I Tindersticks appartengono alla categoria di chi ha aggirato l'ostacolo: la loro musica è ormai una tradizione, ma non ha problemi di deperibilità.
'The Waiting Room' è un album che fonde la passione per le immagini e le atmosfere da sala buia, ama citare colonne sonore, si accompagna a cortometraggi, con sontuose - ma sobrie - ballate dal sapore soul, vellutate e sofisticate, con un retrogusto à la Badalamenti che, tutte insieme, sono una inequivocabile dimostrazione di classe.
Stuart indietreggia, quasi per sfida, andandosi a cercare il fango per costruire i mattoni nel profondo del soul degli anni '70. Non con intenti revivalisti, però. Nessun'aria di modernariato spira dalle parti di queste canzoni commosse e dense, ma un forte e sincero senso di appartenenza a una tradizione classica di tradizioni solide. Gli archi e i fiati sono arrangiati pensando a un'orchestra di persone che puoi toccare e sentire, i suoni sbuffano e miagolano senza vergognarsene, le canzoni scivolano furtive tra le pieghe sgualcite di un letto sfatto. Guardate che non sto scherzando. Si sente tutto qua dentro, molto più chiaramente degli echi di Curtis Mayfield e Marvin Gaye, che sono invitabili quanto prevedibili. Non so, ma sento che in questo periodo ci sia un gran bisogno di dischi 'semplici' e belli come questo, di canzoni d'amore senza pregiudizi, di suggestioni eterogenee ed evanescenti, che trovano punti di contatto in rallenty invisibili che disegnano sogni ricamati nel buio, come una tovaglia di fiori molto simile ad un arazzo fiammingo perduto nel caos urbano dei nostri giorni.
C'è una specie di languore esistenziale, per queste vie, che si attacca direttamente all'animo, e ci fa, alla fine, capire, un altro dei probabili motivi di una scelta, diciamo così, artistica. Nella solitudine buia di un inverno qui particolarmente crepuscolare, la musica romanticamente dolente dei Tindersticks, i loro abbandoni un poco fatali, battono ancora più forte, talvolta sanguinando, ma in silenzio.
|Wes Xiv|
Tracklist: